Nessuna tregua E’ successo che Israele ha perso la pazienza. Ne ha avuta tantissima, da sopportare di venir colpita e minacciata per anni, anche dopo che un suo primo ministro avesse ritirato in maniera unilaterale i coloni ebrei dalla striscia, che poi è l’arido deserto di Gaza. Una pazienza biblica, se si pretende di considerare quella che è stata la Giudea come Palestina, una colonia romana, non una nazione araba. Una pazienza geopolitica, perché se proprio bisogna parlare di Palestina, la Giordania, Damasco, la valle della Beqa, con i tempi a Bacco e Venere, sono molto più Palestina di Tel Aviv. E lo sono anche più di Gaza che è entrata nella Palestina ma in quella britannica nel 1920 e che vanta antichissime origini cretesi. Tanta pazienza è servita a sopportare un inganno posto alla base del conflitto israeliano palestinese, quello per il quale se si creasse davvero uno Stato palestinese, non ci potrebbe più essere Israele, nè il Libano, nè la Siria e soprattutto la Giordania, perché uno Stato palestinese fra la sola Gaza e la Cisgiordania sarebbe un’eresia per tutto il mondo arabo, oltre che qualcosa di insopportabile territorialmente per coloro costretti ad abitarvi. Gaza è sempre stata una città di conquista, persino da prima dei tempi di Alessandro Magno. Sempre sul piede di guerra, non si è mai legata con il resto del mondo arabo e non era solo colpa del radicalismo laico di Arafat e di al Fatah, visto che persino ora, sotto il dominio dell’integralista Hamas, Gaza va d’accordo giusto con l’emiro del Qatar, forse con la Turchia. Prima ancora che dell’occidente, Israele è la punta avanzata delle nazioni arabe che sarebbero travolte dallo Stato palestinese, se mai quello ebraico dovesse cadere. L’occidente negli anni ha tentennato, si è commosso, ha criticato ogni atteggiamento israeliano che non fosse conciliante. Anche oggi si vede come anche fra gli stessi israeliani vi sono riserve e dubbi su quanto intrapreso. A cosa serve combattere contro l’oceano della popolazione di Gaza? Anche se si eliminassero tutti i comandanti in capo di Hamas e la stessa Hamas, ecco che diecimila teste e diecimila organizzazioni diverse prenderebbero il suo posto. E’ vero, sarà così sicuramente. Un prossimo leader israeliano dovrà misurarsi con questo futuro nemico ancora più potente. Per ora ci basta che gli attuali leader di Israele, sradichino la minaccia di oggi. Sradicare significa sradicare. Non si può pensare che una volta intrapresa una guerra di distruzione, poi visto che Israele è una democrazia, mostri tutta la sua misericordia. Come può l’America che consente alla Siria di massacrare civili a migliaia da due anni in quella che è diventata una catastrofe umanitaria, lamentare che i bombardamenti israeliani non sono chirurgici? Nemmeno quelli americani, in Germania o in Vietnam lo sono mai stati e pure tedeschi e vietnamiti non minacciavano la popolazione civile americana direttamente. Visto che è la popolazione israeliana sotto assedio dal primo momento che si è costituita in Stato ed è stata sottoposta a minacce di distruzione di ogni genere e da ogni dove, sia lei a decidere come difendersi e come attaccare. Perché una democrazia è vero non ama intraprendere le guerra, ma una democrazia imbelle viene spazzata via in un secondo. La democrazia israeliana resiste da più di mezzo secolo. Noi vogliamo che resista un giorno in più a quello della fine del mondo. Roma, 22 luglio 2014 |